Reggio Emilia apre Casa Arcobaleno per Lgbti rifiutati dalle famiglie

Domenica 20 novembre il taglio del nastro: ospiterà fino a quattro persone

REGGIO EMILIA – Da domenica prossima, 20 novembre, ci sarà a Reggio Emilia un nuovo centro di accoglienza per le persone lgbti, rifiutate dalle famiglie per il loro orientamento sessuale. E’ la “Casa Arcobaleno” intitolata allo scrittore omosessuale Pier Vittorio Tondelli, che aprirà i battenti in città (nel quartiere Gardenia) a due passi dalla sede dell’Arcigay reggiano. Un luogo che offrirà non solo un tetto a chi altrimenti potrebbe finire a vivere per strada, ma anche servizi di supporto legale e psicologico e di accompagnamento alla rete dei servizi della città.

Alla realizzazione del progetto, iniziato nel 2019 ed entrato nel vivo lo scorso dicembre con una raccolta fondi di Arcigay che ha incassato donazioni per circa 25.000 euro, hanno collaborato tra gli altri il Comune di Reggio, la Camera del lavoro territoriale (che ha donato 2.000 euro e sottoscritto una lettera di intenti sul tema delle dscriminazioni di genere nei posti di lavoro e sull’orientamento ai diritti) e l’Acer provinciale, che ha messo a disposizione in comodato l’uso l’immobile, scelto tra gli alloggi destinati ai progetti speciali per le categorie fragili.

La concessione – rinnovabile – ha una durata di tre anni fino a settembre del 2025. La casa potrà ospitare fino a quattro persone due in emergenza (per un massimo di due settimane) e due a medio termine, per un periodo tra i sei e i nove mesi. Si accede contattando l’Arcigay “Gioconda” di Reggio con cui, dopo alcuni colloqui, gli utenti firmeranno un accordo sul percorso da seguire e le regole di adesione al servizio. Stando agli ultimi dati disponibili sono già cinque le persone che avrebbero chiesto di poter essere accolte, mentre nel 2021 sono state una ventina le denunce ad Arcigay di cittadini lgbti discriminati.

In Italia le “case Arcobaleno” non sono molto diffuse: si contano in tutto 80 posti. Con soddisfazione il sindaco di Reggio Luca Vecchi sottolinea quindi: “L’impegno dell’amministrazione e della città tutta sui diritti civili, ricercando soluzioni innovative e partecipate c’è sempre stato. E oggi possiamo dire di aver scritto una nuova e importante pagina su questo tema”. Aggiunge l’assessore alla Casa Lanfranco De Franco: “Siamo orgogliosi di essere tra i primi in Italia a realizzare questo tipo di progetto, molto coerente con le politiche con cui affrontiamo l’emergenza abitativa che è dovuta non solo a fattori economici, ma anche a scelte libere di affermazione del proprio orientamento sessuale”.

La “discriminazione – evidenzia l’assessore alle Pari opportunità Annalisa Rabitti – esiste ancora e di fronte a percorsi di outing resi ancora più difficili e dolorosi dai rifiuti delle famiglie, noi vogliamo essere al fianco di chi ha bisogno”. Alberto Nicolini, presidente dell’Arcigay reggiano (e da ieri delegato ai temi dei migranti dell’associazione nazionale), spiega: “Spesso le situazioni si risolvono in breve tempo con qualche notte in hotel e una mediazione con la famiglia. Altre volte servono percorsi più lunghi. Troppo spesso, di fronte a richieste di aiuto, dobbiamo dire che non c’è posto”.

Oggi, prosegue Nicolini, “realizziamo quello che per tanti anni è stato un sogno irrealizzabile, in un momento difficile per i diritti civili e il benessere delle persone. Non sarà risolutivo, è una goccia nel mare, ma il mare è fatto di gocce”. Come Acer, dice infine il presidente provinciale Marco Corradi, “siamo molto attenti alle fragilità sociale e oggi dimostriamo la capacità del nostro territorio di interpretare in maniera civile e innovativa le politiche per la casa”. Il taglio del nastro della struttura avverrà domenica con un evento conviviale a pagamento (10 euro). Il ricavato sarà utilizzato per le spese di gestione della stessa “Casa Arcobaleno”. Una curiosità: ogni stanza dell’appartamento sarà intitolata a figure iconiche della cultura lgbti locali o internazionali. La cucina porterà ad esempio il nome di “Papa Blessing”, che nella sua tavola calda in Nigeria accoglieva segretamente le vittime di omofobia.