Saman, la procura va in appello: “Condannateli tutti”

Secondo la Pm, Maria Rita Pantani, “tutti gli imputati dovrebbero rispondere di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e concorso nella soppressione di cadavere”

REGGIO EMILIA – Il Pm Maria Rita Pantani ha presentato ricorso in appello contro la sentenza di primo grado per l’omicidio di Saman Abbas, contestando l’assoluzione dei due cugini, sostenendo che l’omicidio è stato premeditato e che ricorrevano anche i futili motivi (nella foto gli ultimi istanti di vita di Saman).

Secondo il pm, inoltre, tutti gli imputati dovrebbero rispondere di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e concorso nella soppressione di cadavere.

“Omicidio premeditato”
Secondo la procura si tratta “senza ombra di dubbio di un omicidio premeditato”. Scrive la Pantani: “E’ stato un omicidio organizzato, concordato tra tutti i familiari, comunicato anche ai parenti che vivevano all’estero sin dai primi giorni del rientro di Saman e rafforzato a seguito della scoperta della relazione, ancora in atto, con Saqib e della sua intenzione di fuggire nuovamente”.

Peraltro il fatto di fare rimanere in Italia il fratello di Saman Haider “inducendolo a frequentare la scuola, come avvenne nei giorni successivi all’omicidio, è stato dunque l’ennesimo tentativo di depistaggio e non certo una decisione maturata improvvisamente”.

Continua la procura a proposito dell’omicidio di Saman ipotizzando che non possa essere stata la madre ad ucciderla, quantomeno da sola: “Se è pur vero che è astrattamente possibile, per una donna, strangolare/strozzare qualcuno, si rileva come già la perizia autoptica abbia rimarcato una proporzione tra la forza necessaria e le caratteristiche della vittima: “quanto più giovane è l’individuo, quanto più esile è la sua corporatura…tanto maggiore è la forza necessaria per fratturare l’osso ioide”.

Il poco tempo trascorso da Nazia Shaheen sul viottolo, fuori dal raggio della telecamera n. 5 (58 secondi), l’assenza di sproporzione, a livello fisico, tra la figlia e la madre, l’abbigliamento composto ed il velo in testa di quest’ultima, ripresi al suo ritorno, rendono del tutto inverosimile che sia riuscita, da sola, a sopraffare Saman che, proprio perché non sedata, avrebbe dovuto tentare di divincolarsi. L’assenza di tracce di difesa induce a ritenere che la ragazza sia stata immobilizzata da più persone”.

Conclude la procura: “L’acquisto dei biglietti di sola andata di Shabbar e Nazia, lo scavo preliminare della fossa avvenuto il 29 aprile da parte di Danish, Ikram e Noumanulhaq, la “messa in scena” della contestazione della relazione sentimentale tra Saman e Saqib, l’agguato tra le serre, lo strangolamento/soffocamento della ragazza, il successivo seppellimento finalizzato a non fare più ritrovare il cadavere e la concordata versione da fornire sulla sparizione della vittima e sulla partenza in Pakistan di due dei cinque correi, sono elementi incontrovertibilmente riconducibili alla premeditazione”.

I motivi futili e abietti
Per quel che riguarda i motivi futili e abietti, di cui la corte ha escluso la sussistenza, la procura argomenta: “Il diritto alla vita è un diritto costituzionale fondamentale inviolabile e la legge del Paese ha del tutto screditato gli omicidi commessi con il pretesto dell’onore. Le consuetudini, per quanto forti e antiche possano essere, non possono prevalere e sostituire la legge o tanto meno i comandamenti coranici ed i delitti d’onore altro non sono che espressione di ignoranza e una grave violazione dei diritti umani”.

La soppressione di cadavere
Inoltre secondo la procura “tutti gli imputati devono essere ritenuti responsabili anche del delitto di soppressione di cadavere. La soppressione è stata organizzata già il 29 aprile con la predisposizione della fossa, realizzata materialmente da Danish, Ikram e Nomanulhaq ma moralmente condivisa, nelle sue modalità, anche da Abbas Shabar e da Shaheen Nazia”.

E continua:”Si ritiene che almeno due persone abbiano partecipato alla sistemazione del corpo della vittima all’interno della fossa”. E quindi: “La sussistenza sia della premeditazione che dei motivi abietti e futili rendono inammissibile la richiesta di giudizio abbreviato avanzata da Hasnain Danish ed illegittima la conseguente diminuzione di pena che gli è stata concessa (14 anni)”.

Conclude la Pantani: “Parimenti indubbio è l’attribuibilità a tutti gli imputati di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e concorso nella soppressione di cadavere. Ijaz Ikram, Nomanulhaq Nomanhulaq e Hasnain Danish hanno materialmente effettuato il preliminare scavo della fossa il 29 aprile 2021.  Il 30 aprile hanno atteso che Abbas Shabbar e Shaheen Nazia consegnassero loro l’ignara Saman. Una volta strangolata/soffocata, mettendo in pratica il piano concordato con Abbas e Shaheen, l’hanno poi portata al casolare e sepolta all’interno della fossa, dopo avere effettuato i cosiddetti sgrotti (nicchie nella fossa, ndr) per allargarla”.