Palazzo da Mosto, apre la mostra dedicata a Luciano Bertoli

Da domani da domani al 24 novembre la retrospettiva dedicata all'artista reggiano che s'intitola "Frattempo. Le curve di Mandelbrot"

REGGIO EMILIA – La Fondazione Palazzo Magnani presenta, da domani al 24 novembre, nella sede di Palazzo da Mosto, la retrospettiva dedicata a Luciano Bertoli, per la prima volta nella sua città natale dopo la scomparsa avvenuta nel 2021.Curata da Martina Corgnati, la mostra s’intitola “Frattempo. Le curve di Mandelbrot” in riferimento all’omonima serie pittorica, realizzata a partire dagli anni Novanta e mai esposta al pubblico, custodita dalla famiglia nel futuristico studio-abitazione dell’artista nei pressi del Castello di Canossa.

“La mostra dedicata a Luciano Bertoli – ha dichiarato Maurizio Corradini, presidente della Fondazione Palazzo Magnani – si colloca in pieno nel solco tracciato in questi anni dalla Fondazione Palazzo Magnani, per la grande attenzione rivolta al rapporto tra artisti e correnti nazionali ed internazionali da un lato, e figure che, formandosi e operando a Reggio Emilia nella seconda metà del Novecento, con tali istanze hanno saputo dialogare costruendo un proprio percorso di grande rilievo. L’interesse di Bertoli per un dialogo fecondo tra scienza, tecnica, arti plastiche e visive restituisce una vitalità e una dinamicità ai tanti lavori proposti in mostra, in grado di interessare più generazioni di visitatori. La collocazione nello splendido Palazzo da Mosto è un ulteriore elemento di interesse e di attrattività per chi avrà il piacere di visitare la mostra”.

“Lo spirito innovatore di Luciano Bertoli – ha detto Leonello Guidetti, presidente della Fondazione Manodori – ci spinge a guardare avanti. A non porre confini all’arte, alla cultura, alla bellezza. Siamo quindi grati alla Fondazione Palazzo Magnani che ha voluto rendere omaggio a un artista che ci ha lasciato opere di grande suggestione. E con piacere abbiamo messo a disposizione gli spazi di Palazzo da Mosto che si sta connotando come un luogo condiviso, un palazzo per la città. La Fondazione Manodori ha inoltre prestato tre opere della propria collezione per arricchire il percorso espositivo. Ci auguriamo che questa mostra possa diventare un’occasione di stimolo e di riflessione per un ampio pubblico e si configuri come un contributo alla crescita culturale del nostro territorio”.

Il corpus principale della mostra, volta a riscoprire l’interesse e l’originalità di una ricerca lontana dal mainstream artistico e commerciale, è composto proprio dai dipinti denominati Frattempo. Le curve di Mandelbrot, capaci di evidenziare lo spiccato interesse dell’artista per le scienze esatte.

“Una serie di opere misteriosa, materica e colorata”, scrive Martina Corgnati. “Fondi densi e spessi, dall’apparenza gelatinosa e mobile, sui quali galleggiano corpi ameboidi e in cui si dischiudono bolle che rivelano spazi intrinseci, oscuri, da cui emergono corpi tondeggianti altrettanto molli, spesso prominenti, non vere e proprie macchie ma globuli organici, come di mondi in formazione”.

L’insieme di Mandelbrot, così chiamato dal nome del fisico polacco scopritore dei frattali, è un insieme di numeri complessi, delineato graficamente nel 1984 da Heinz-Otto Peitgen e John H. Hubbard e reso popolare da una copertina della notissima rivista di alta divulgazione Scientific American.

Fra il pubblico di entusiasti conquistati da quell’immagine coloratissima c’è Bertoli, che in quel momento scopre una diversa potenzialità artistico-creativa insita nel suo spiccato interesse per la fisica e il mondo della scienza in generale; la dimensione meccano-dadaista, così lungamente esplorata dagli anni Settanta in avanti, cede il passo a una ricerca più fantasy ed evocativa, che sospinge lo spettatore a navigazioni libere verso le leggi meno intuitive della fisica e verso la danza delle molecole organiche in uno spazio-tempo diverso da quello lineare della percezione ordinaria.

“Le mie immagini – scriveva Luciano Bertoli – sono frutto di pura intuizione, di auscultazione matematica, inventate da un visionario che ama la fisica quantistica, visualizzando ciò che si può soltanto intuire, immaginare, cioè l’origine dell’universo della meccanica quantistica di Niels Bohr e Max Planck. Esteticamente ho accentuato la coloristica, le vibrazioni, la spazialità, tutto ciò che rimane inesplorato se non dall’occhio-mente”.

Il percorso espositivo è completato da una ricca sezione dedicata alle opere del periodo precedente – dipinti, sculture, grafiche, disegni e assemblaggi – per presentare al pubblico le componenti essenziali di un percorso sperimentale nei materiali e nelle tecniche e sempre sostenuto da una genuina curiosità per il mondo delle macchine e della tecnica, protagoniste della società a lui contemporanea e di altre civiltà possibili, futuribili, fantascientifiche.

Negli anni Settanta e Ottanta, l’artista lavora, infatti, a paesaggi ibernati, costruzioni autogeneranti, animali meccanici, erotismi metallici, città ideali plastificate ed elettriche, installazioni e sculture, ma anche a cartelle di disegni e grafiche caratterizzate da perfezione tecnica e attenzione al dettaglio. La stessa cura che Bertoli riserva ai bozzetti: più che schizzi, veri e propri progetti ingegneristici, funzionali alla meccanizzazione delle sue sculture, molte delle quali pensate per l’esterno.

Coniugando magia e tecnica, spirito fantastico alla Julius Verne e attitudine rigorosa da ingegnere, in cinquant’anni di ricerca Luciano Bertoli è stato in grado di intravedere aspetti della chirurgia e dell’informatica, della cibernetica e della medicina, al tempo neppure concepibili, facendo dell’arte, come conclude la curatrice, “uno strumento per essere nel tempo, nel proprio tempo, come ponte per proiettare intuizione e intelligenza verso il mondo e l’universo e le sue leggi”.

“(…) Rapito da un desiderio assoluto di nuove emozioni, una voglia di immaginare altro. Non temo – scriveva Luciano Bertoli nel 2006 – di ripetermi se ripetizione significa dolcezza, cerco un paradiso sicuro in cui si può ancora credere; un Eden che mi avvicini alla felicità, alla massima esaltazione dell’amore”.

La mostra è accompagnata dal catalogo Luciano Bertoli. Frattempo. Le curve di Mandelbrot pubblicato da Silvana editoriale e disponibile presso il bookshop. Curato da Silvia Cavalchi con un testo critico di Martina Corgnati, il volume si compone di 144 pagine, 85 immagini a colori e 130 fotografie in bianco e nero.

Sabato 12 ottobre, in occasione della ventesima edizione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, Palazzo da Mosto sarà aperto gratuitamente al pubblico. Per informazioni: https://www.palazzomagnani.it/.