REGGIO EMILIA – Una condanna all’ergastolo per il padre Shabbar e la madre Nazia Shaeen (l’unica imputata ancora latitante) come chiesto dalla Procura, oltre alla interdizione della potestà genitoriale. E poi una pena di 14 anni di reclusione per lo zio Danish Hasnain che ha deciso di collaborare con la magistratura (contro i 30 chiesti dall’accusa).
Assolti infine i cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq (la richiesta di pena per loro era di 26 anni) nei confronti dei quali le prove dell’impianto accusatorio non hanno retto. E’ quanto deciso dai giudici della Corte d’Assise del tribunale di Reggio Emilia nella sentenza di primo grado del processo (iniziato il 10 febbraio scorso) sull’omicidio di Saman Abbas, la 18enne di Novellara uccisa nel 2021 per aver rifiutato le nozze combinate con un parente in Pakistan.
L’ergastolo per l’omicidio della figlia dato ai genitori non ha stupito ed era previsto. Susciterà più perplessità, invece, la condanna a 14 anni dello zio. La Corte d’Assise nel condannarlo per omicidio e soppressione di cadavere, evidentemente, gli ha concesso le attenuanti generiche e ha escluso le aggravanti, come richiesto nella sua requisitoria dal difensore Liborio Cataliotti. I giudici, in sostanza, gli hanno riconosciuto una riduzione di un terzo della pena come se fosse stato processato in abbreviato, rito alternativo che il legale aveva chiesto nell’udienza preliminare e che non era stato accordato.
Anche l’assoluzione dei cugini può lasciare perplessi, ma bisogna considerare che il quadro indiziario nei loro confronti è sempre stato più debole. Sostanzialmente a inchiodarli, secondo la procura, c’era solo il video del giorno prima del delitto, nel quale andavano nei campi con delle pale insieme allo zio. I difensori hanno sempre respinto la tesi che stessero andando a scavare la buca.
Tutti e cinque i familiari imputati, come aveva chiesto la Procura reggiana, sono stati assolti in relazione all’accusa di sequestro di persona. Il verdetto è arrivato nel tardo pomeriggio dopo circa cinque ore di Camera di Consiglio in cui i giudici – togati e popolari – si sono ritirati dopo aver ascoltato le controrepliche finali dei difensori e la versione del padre di Saman, che ha professato la sua innocenza.
E’ di 210.000 euro, invece, l’ammontare dei risarcimenti disposti per le parti civili nella sentenza di primo grado per l’omicidio di Saman Abbas. In particolare la Corte ha respinto le richieste risarcitorie avanzate dall’ex fidanzato di Saman Saqib Aiub e dal fratello Ali Haider. Ha invece condannato i genitori e lo zio a rifondere 25.000 euro a ciascuna delle associazione Non da sola, Unione donne in Italia, Trame di terra e Differenza donna. Inoltre 10.000 euro alla Confederazione islamica italiana, lo stesso al Centro islamico d’Italia (Grande moschea di Roma) e all’Unione delle comunità islamiche italiane. Infine sono stati riconosciuti in 30 e 50.000 euro i danni riconosciuti all’Unione dei Comuni Bassa reggiana e al Comune di Novellara.
La scomparsa di Saman era stata resa nota il 24 maggio di due anni fa, quando la giovane era già sotto un metro e mezzo di terra, sepolta in un casolare in disuso a poche centinaia di metri da casa. Era stata uccisa la sera del 30 aprile 2021 (morta per asfissia, secondo l’autopsia, conseguente alla rottura dell’osso ioide) ma i suoi resti sarebbero stati ritrovati, grazie allo zio che ha indicato dove scavare, solo il 19 novembre del 2022.
L’inchiesta aperta per omicidio è stata costellata anche di operazioni all’estero, in Europa e non solo, per riportare in Italia gli imputati. Dai cugini fuggiti e ritrovati in Francia e Spagna fino al padre, estradato a settembre del 2023, con un’inedita operazione di collaborazione col Pakistan. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni.