REGGIO EMILIA – Lo stato di siccità che interessa il Nord Italia “persiste nel bacino del Po, e gli indicatori emersi nel corso della seduta dell’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici che si è tenuta ieri pomeriggio a Parma, all’Autorità distrettuale del fiume Po, non mostrano un contesto generale migliore rispetto a quanto emerso 30 giorni fa”. Ma “quel che più preoccupa – scrivono dall’Autorità – è che i dati più aggiornati risultano talvolta peggiori, se comparati a quelli del 2022”. Entrando nel dettaglio del bollettino, si legge nella nota, “si vede che marzo è stato caratterizzato da temperature superiori ai valori di riferimento, in particolare sulle aree a Nord del Po e con situazioni di chiara sofferenza sul basso Piemonte e sulla Romagna”.
In termini di precipitazioni “gli accumuli sono risultati pari o localmente superiori alle medie solo sul crinale nord-occidentale e nella parte più orientale del Distretto”, anche se le aspettative di piogge più consistenti, attese per la prima decade di aprile, “sono andate deluse, visto che le precipitazioni, unite ad improvvisi abbassamenti delle temperature che hanno causato diffuse gelate notturne, si sono rivelate comunque assai poco significative, contribuendo ad una drastica riduzione dei deflussi nelle principali sezioni del fiume”. Le portate hanno registrato valori di media mensile “inferiori al minimo storico nel periodo 1991-2020 e confrontabili solo con quelle osservate nel 2022, da tutti ricordato come l’anno peggiore sul fronte siccità”.
Le condizioni critiche in tutto il bacino “mostrano punte estreme di calo soprattutto a Piacenza, Cremona e Pontelagoscuro, nel ferrarese, dove l’abbassamento dei deflussi ha toccato i deficit più alti proprio nella prima decade di aprile e, cosa ancora più grave, non si prevedono variazioni degne di nota”. I volumi di risorsa stoccata nei Grandi laghi, grazie ai sistemi di regolazione esistenti, “risultano inferiori ai valori giornalieri medi del periodo storico di riferimento (2003-2022), anche se superiori ai minimi storici, ad eccezione del Lago di Garda”. Poco rosea è anche “l’analisi della situazione dell’intrusione salina nel Delta del Po: la portata transitante alla sezione di Pontelagoscuro a Ferrara risulta pari a 334 metri cubi al secondo (valore inferiore rispetto alla soglia critica di 450)” e consegna un quadro “che vede, nella sezione idrografica di foce, numerosi rami del fiume interessati largamente dal fenomeno fino a 23-27 chilometri di risalita delle acque salmastre”.
Dunque, il contesto idrologico del Distretto “mostra evidenti segni di grave criticità per quasi tutti i settori coinvolti negli utilizzi”. Se il 2022 per il comparto idroelettrico si è dimostrato l’anno peggiore di sempre, il 2023 “non sembra, allo stato attuale, regalare nessun ottimismo per la produzione di energia”. Rispetto all’anno scorso, ad esempio, e “in netto anticipo sulle aspettative, la centrale Enel Green Power di Isola Serafini a Monticelli d’Ongina, nel piacentino, ha già ridotto al minimo la produzione di energia idroelettrica”, e per quanto riguarda l’Anbi “si rimarca la situazione del Canale Emiliano-Romagnolo, che fornisce acqua all’agricoltura e all’acquedotto della Romagna: in località Palantone, dove si trova l’impianto del Cer, il Po ha raggiunto un livello tale da far scattare la soglia di pre-allarme per il funzionamento dell’impianto”.
E in una nota a margine della convocazione odierna, Utilitalia rileva che “in virtù di precipitazioni sporadiche e certamente non risolutive, rispetto al mese scorso sono comunque scesi da 19 a 13 i Comuni al massimo di severità idrica, tutti nel territorio piemontese”.
Commentando i dati, Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità distrettuale del fiume Po, afferma che “la previsione dei modelli e tutti i dati acquisiti ci consegnano una situazione che preoccupa e che va vista non come emergenza, ma affrontata con una strategia convinta ed incisiva che guardi ad un orizzonte di medio-lungo periodo come strategia di adattamento al cambiamento climatico più a largo spettro”. Tutto questo, chiosa, “comporta azioni che guardino ai rafforzamenti delle governance decisionali del sistema, alle nuove infrastrutture da finanziare in tempi adeguati e alle tecnologie necessarie”. Oggi, invece, “ciò che possiamo fare- conclude Bratti- è avere un quadro sempre più preciso ed aggiornato dei valori idrologici per cercare di gestire al meglio delle possibilità la risorsa idrica disponibile”.