Modena, così sull’Appennino si salva mela a rischio estinzione

A Bologna un gruppo di produttori recupera alberi per la "rosa romana"

MODENA – Far rivivere un frutto antico a partire da pochi, preziosissimi alberi recuperati, con l’obiettivo di mettere in piedi una produzione a tutti gli effetti. È la sfida di un gruppo di coltivatori dell’Appennino bolognese che sta salvando la Mela rosa romana, a rischio poiché non più coltivata.

“Siamo un gruppo ben assortito, produttori e anche semplicemente condivisori del progetto- spiega Dario Mingarelli, fondatore e presidente del Consorzio della Mela rosa romana dell’Appenino bolognese- abbiamo l’intenzione di salvarla perché c’era veramente un pericolo serio che andasse persa, andasse assolutamente non più coltivata e quindi perduta”.

Una specie antica, di cui si hanno le tracce già 2.000 anni fa: “ne parla addirittura Plinio il Vecchio e la possiamo vedere sugli affreschi di Pompei. Ci sono certamente i Romani che dopo il 291 colonizzarono anche la montagna, dopo che Bononia diventò appunto colonia latina. E certamente tra i loro prodotti c’era anche la mela rosa”. Così sono partiti, partendo dal recupero di alcuni patriarchi secolari, quelli rimasti dopo l’abbandono delle campagne degli anni ’50, perchè molti “purtroppo molti li avevano abbattuti per facilitare le colture delle terre”.

Da questi vengono prese le ‘marze’, i rami provvisti di gemme vitali che vengono poi innestate per favorirne crescita e coltivazione. “Questo processo fa sì che venga perpetuato l’albero intanto e poi coltivato anche con i sistemi moderni”, aggiunge Mingarelli, che racconta la storia del consorzio a margine dell’inaugurazione della nuova sede bolognese dell’Aic, l’associazione dei coltivatori italiani.

L’auspicio è che “si possa poi utilizzare e produrre una quantità tale che possa, speriamo, superare il mercato di nicchia, che attualmente è la nostra intenzione principale. Già questa sarebbe un risultato eccezionale”.

Tra le particolarità della mela rosa romana, oltre alla sua storia millenaria, ci sono anche alcuni significativi dettagli sotto il profilo nutrizionale. Secondo alcune analisi realizzate da un’èquipe della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna guidata dal professor Silviero Sansavini, infatti, “abbiamo scoperto che ha dei contenuti assolutamente rimarchevoli sotto il profilo nutraceutico. Non è soltanto un fatto pubblicitario- precisa Mingarelli- hanno accertato con studi severi che superano in contenuti, in polifenoli, sali minerali, ecc, addirittura quelli dell’annurca, che è la mela salutista per eccellenza in Italia”.

La mela rosa, seppur presente in Italia in circa 50 versioni, è solo nelle montagne tra Bologna e Modena che “ha queste proprietà che sono assolutamente diverse da quelle che vengono prodotte, per esempio in pianura, che non hanno assolutamente quelle caratteristiche che ha l’albero della rosa romana prodotta in Appennino anche sotto il profilo estetico. Perché l’escursione termica produce degli effetti meravigliosi, il terreno pure e l’altitudine altrettanto”, conclude Mingarelli.